Col de l’Etroit du Vallon: una bella escursione per l’autunno.

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L’estate ha lasciato da poco spazio alla stagione autunnale. In montagna i colori cambiano rapidamente, gli alberi ingialliscono, i prati perdono il loro verde brillante ed i pascoli in alta montagna acquistano sfumature uniche. Se la natura cambia aspetto, acquistando una veste nuova, così mutano anche le presenze umane nelle valli alpine. Sembra quasi che le persone vogliano concedere alla montagna un periodo di tregua, prima di prenderla d’assalto con l’arrivo della neve. Ecco dunque che località molto frequentate fino a poche settimane prima, diventino il luogo perfetto per escursioni avvolte dal silenzio e dal solo rumore del vento tra gli alberi. La Valle Stretta, sempre più località conosciuta al grande pubblico, si inserisce perfettamente in questa descrizione e così i mesi di settembre ed ottobre sono spesso sfruttati da noi per farle visita.

Settembre regala sempre giornate bellissime, a volte calde, in altre occasioni sferzate da un gelido vento. In questo frangente un tiepido sole ci ha accompagnato in questa salita verso un colle di questa vallata meno conosciuto, ma collocato in un luogo bellissimo ed appartato. Il col de l’Etroit du Vallon, pur collocandosi dirimpetto a Guglia Rossa, non condivide con la cima il grande affollamento, tanto da non avere nemmeno un sentiero particolarmente evidente che lo raggiunge. La prima parte del percorso è condivisa con la classica salita al Col des Thures fino al Lac Chavillon, luogo bellissimo soprattutto per i riflessi che il lago permette di godere. 

Da questo punto, che può costituire una degna conclusione di una breve escursione, si lascia il sentiero che prosegue verso Guglia Rossa, per risalire verso destra un dosso erboso, sopra la cui sommità si nasconde una secondo specchio d’acqua altrettanto interessante, il Lac Bellety. A causa della minor frequentazione, questo piccolo lago regala scorci ancora migliori del precedente, in particolare verso l’alta Valle Stretta ed il gruppo dei Re Magi. In prossimità del lago è presente anche una ceppo di legno, luogo di visita per molti gruppi scout. 

 

La vista del colle anche da qui è preclusa da alcuni dossi erbosi, sebbene la distanza non sia particolarmente elevata. Proseguendo verso la bastiona rocciosa alle spalle del lago, si superano i già citati dossi erbosi sulla destra e si entra in una piccola valletta adducente al passo. Una mezz’ora di cammino e circa 200 metri di dislivello conducono, senza particolari difficoltà, alla meta, segnata dalla presenza di una palina di legno. 

Ci si trova così sopra il vallone che sale da Névache al Col du Vallon, tra la Rocca Riondi a Nord e la Rocca di Thures a Sud, in un ambiente selvaggio, caratterizzato da un panorama molto bello tanto sul massiccio dei Cerces, quanto verso l’Italia. Senza dubbio l’autunno costituisce il momento migliore per realizzare questa bella escursione verso un luogo meno conosciuto della Valle Stretta. 

 

Punta e Cresta San Michele: l’ultimo pezzo del puzzle.

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Un lungo spartiacque separa il vallone di Bardonecchia e di Rochemolles da quello di Modane e dalla Val Cenis. Oltre ad avere un importante ruolo orografico, risulta essere anche un confine tra due stati, dal momento che separa il comune più a Ovest d’Italia, Bardonecchia; dalla Savoia, in territorio francese. Per la bellezza dei luoghi e per la varietà dei percorsi che offre, spesso ci siamo trovati su queste montagne, basti ricordare la Pierre Menue e la Rognosa d’Etiache. Non avevamo mai salito solo un paio di cime di questa catena, la Cresta San Michele (o Pierre Minue) e la Punta San Michele (per i francesi Pointe Saint Michelle); abbiamo così deciso di dedicare una giornata a completare l’esplorazione di questa zona fantastica delle Alpi Occidentali.

Sveglia presto e consueto tragitto in macchina fino al Rifugio Scarfiotti, da lì ha preso avvio il nostro itinerario. Abbiamo seguito il sentiero che sale fino al Colle d’Etiache per circa 20 minuti, fino ad arrivare nei pressi di una palina facilmente identificabile. Abbiamo quindi lasciato il classico percorso verso il passo, attraversando verso sinistra e prendendo come riferimento un’evidente roccione che taglia la cresta erbosa. Una volta raggiuntolo è impossibile sbagliare perché il passaggio di alcune mucche ha reso il percorso particolarmente evidente. L’ambiente in cui si svolge la salita cambia notevolmente; se nella prima parte si attraversano pascoli ancora verdi all’inizio di settembre, si raggiunge poi una zona più ripida, che presenta alternanza di erba e roccia; infine i pascoli lasciano spazio ad un ambiente di alta montagna, bellissimo e selvaggio.

 

Sebbene la traccia non sia particolarmente diretta (presenta infatti alcuni tratti in piano), in poco più di un’ora raggiungiamo il punto in cui il sentiero si perde ed occorre salire verso destra alcuni ripidi versanti erbosi. Una caratteristica pietra scoscesa solcata dall’acqua permette di individuare il luogo della svolta. Da questo momento in poi l’itinerario è evidente e segnato da alcuni ometti che, in modo discontinuo, appaiono nell’ampia pietraia che si incontra a partire dai 2800 metri. Abbiamo toccato prima l’anticima Ovest, quindi la vicina cima Est della Cresta San Michele, entrambe prive di qualsivoglia segnale. Il panorama è notevole e ci ha accompagnato fino alla Punta San Michele, distante circa 20 minuti, che si raggiunge percorrendo, in parte la cresta, in parte una traccia sul lato francese della montagna. Quest’ultima sommità, che la vecchia carta IGM 1:25000 segnala come “Punta San Michele 3252 m”, costituisce il limite della Cresta San Michele e vista la posizione isolata regala scorci notevoli su tutte le Alpi Occidentali, dagli Écrins al Monviso, dal Gran Paradiso al Monte Bianco.

 

Due vette che mancavano alla nostra collezione, che presentano un percorso facile, un ambiente difficile da trovare altrove ed un panorama che vale da solo “il prezzo del biglietto”, come si direbbe a teatro.

Bishorn: la météo gioca brutti scherzi.

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Dopo aver fatto visita alla vallata di Saas-Fee, con le salite all’Allalinhorn ed allo Strahlhorn, abbiamo proseguito il nostro breve tour sulle Alpi svizzere la settimana successiva. Percorriamo nuovamente il Passo del Sempione, luogo molto bello e meritevole di una visita, superiamo Brig e Visp, fino ad inoltrarci nella bella vallata di Zinal, dove lasciamo l’auto. La nostra meta è il Quattromila più semplice di questo angolo magico del Vallese: il Bishorn, 4153 metri. 

Il punto di appoggio per la via normale è la Cabane de Tracuit, ricostruita nel 2014 e collocata sopra una balza rocciosa all’inizio del Turtmanngletscher. La prima giornata ci vede impegnati proprio lungo il sentiero che supera i 1600 metri di dislivello presenti tra l’abitato di Zinal ed il rifugio. La bella giornata ci permette di godere del fantastico panorama che circonda questo percorso, completamente immerso nella famosa “Corona Imperiale”. Raggiunta la Cabane, abbiamo la possibilità di trascorre il pomeriggio sulla fantastica terrazza del rifugio, con vista su Bishorn, Weisshorn, Zinalrothorn, Oberbabelhorn e Dent Blanche.  

 

Il mattino seguente la sveglia è accompagnata dalla sorpresa di vedere molte nuvole intorno al rifugio. Le previsioni consultate il giorno prima ci confortano e dunque, dopo aver fatto colazione, partiamo alla volta della cima. Percorriamo una prima parte su una comoda pietraia e dopo circa un quarto d’ora calziamo i ramponi e mettiamo piede sul ghiacciaio, ancora in discrete condizioni. Purtroppo le nuvole non si allontanano e quella che inizialmente sembra una lieve pioggerella diventa un forte scroscio. La visibilità rimane buona e, vista la buona traccia, proseguiamo a salire. La pendenza aumenta a differenza della pioggia che cessa completamente fino a lasciare spazio ad un forte vento. Incontriamo nel mentre alcune cordate che, partite poco dopo le 2, erano dirette al Weisshorn, tutte rinunciatarie. Le nuvole cancellano il panorama ed infatti raggiungiamo prima il colletto tra le due cime e poi la vetta principale senza poter godere del fantastico scorcio della cresta del Weisshorn. 

Come sulla vetta dello Strahlhorn, anche qui il vento ci costringe ad una breve permanenza sulla massima sommità, prima di intraprendere la comoda discesa verso il rifugio, che raggiungiamo nuovamente accompagnati dalla pioggia. Il raggiungimento di Zinal richiede ancora un po’ di tempo e fatica, ma lo sforzo è ripagato da un ottimo pranzo prima del ritorno.