Testa del Rutor – Bianco in vista

Written by Team divisionesvago.it. Posted in Bollettino

Da grandi frequentatori delle valli Torinesi, non abbiamo mai esplorato le tante possibilità offerte dalla Val d’Aosta. Le nostre puntate in questa regione si sono sempre limitate alle numerose e blasonate cime oltre i 4000 metri: Gran Paradiso, Monte Rosa, Breithorn e così a seguire.

Per varcare queste personalissime “colonne d’Ercole” ed iniziare la nostra conoscenza delle valli valdostane, abbiamo comunque optato per una montagna piuttosto conosciuta, tra le salite più note dello sci-alpinismo locale, la Testa del Rutor.

Durante la stagione estiva, esistono due itinerari alternativi per coloro che intendono raggiungerne la sommità, quello che transita dal Rifugio degli Angeli partendo dalla Valgrisanche e quello che, facendo tappa al Rifugio Deffeyes, percorre il versante Nord-Ovest della montagna, con punto di partenza La Joux, una frazione di La Thuile.

Optiamo per la seconda opzione, un itinerario più lungo, ma anche più selvaggio ed alpinistico, come piace a noi.

Prenotato il rifugio, raggiungiamo l’abitato di La Thuile in una calda mattinata di fine luglio. Ci accoglie la prima sorpresa della nostra due-giorni valdostana: tante, tantissime persone, più di quelle che potremmo trovare in un intero mese nelle “nostre” valli torinesi. Stiamo (forse) esagerando, in ogni caso le tante macchine rendono difficoltoso il parcheggio, ma spostando qualche pietra riusciamo a piazzare il nostro mezzo in una piazzola consona.

Un sentiero di formato autostradale ci conduce lungo una piacevole vallata, resa famosa dalle Cascate del Rutor, tre spettacolari salti d’acqua che si incontrano in serie durante la salita. Il percorso verso il rifugio Deffeyes è piuttosto diretto, una sola zona pianeggiante spezza il ritmo della salita, resa faticosa dal peso degli zaini e dal caldo sole. Il colpo d’occhio verso il Massiccio del Monte Bianco, che progressivamente emerge alle spalle dell’abitato di La Thuile, rende l’itinerario ancora migliore.

L’accoglienza al rifugio è molto buona, così come la cena. Tramonto con vista Monte Bianco da una parte e Testa del Rutor dall’altra prima di andare a dormine.

Sveglia puntata poco prima delle 4, abbastanza presto se si guardasse al solo dislivello che separa il rifugio dalla massima sommità della Testa del Rutor, ma necessario per il notevole sviluppo della gita.

Durante la colazione il ticchettio di alcune gocce d’acqua su una lamiera fuori dal rifugio ci fanno pensare di ritardare la partenza, ma, appena mettiamo la testa fuori, le nuvole si aprono, facendoci vedere qualche stella. Partiamo.

La giornata si rivelerà nuvolosa fino alla tarda mattinata, ma per ora, complice il buio più totale, l’unica cosa che ci mostrano le luci delle nostre frontali è il buon sentiero che parte, in discesa, proprio di fronte al rifugio.

Risalendo la vallata, i prati lasciano spazio ad ampie pietraie e qualche balza rocciosa. Il percorso rimane sempre sulla destra orografica del ghiacciaio, collocato qualche centinaio di metri sotto di noi. Due tratti attrezzati con catene permettono di superare una zona più ripida e franosa, prima di raggiungere un piccolo pianoro a quota 2850, dove si lascia la traccia di sentiero che prosegue verso il Passo di Planaval.

Alle prime luci dell’alba raggiungiamo le ultimi propaggini del ghiacciaio, dove indossiamo ramponi ed imbrago, legandoci in cordata. Oramai ci è chiaro che le compagne di salita saranno le nuvole, numerose e piuttosto basse sul ghiacciaio.

In assenza di tracce precedenti, saliamo lungo il Ghiacciaio del Rutor dove ci sembra più logico, la pendenza non è quasi mai sostenuta e questo permette di scegliere piuttosto comodamente il percorso. L’unico motivo di attenzione è la presenza di alcuni crepacci nella parte mediana del ghiacciaio.

Oramai in prossimità della dorsale rocciosa al termine della neve, individuiamo tra le nuvole il nuovo Bivacco Edoardo Camardella, collocato nell’estate 2022 proprio nei pressi del Colle del Rutor.

Usciamo sul crestone finale in prossimità del vecchio ricovero Defey, dove ci accoglie un forte vento e qualche fiocco di neve. Nonostante la giornata poco favorevole, incontriamo anche due persone, in salita dal Rifugio degli Angeli. Le condizioni, ça va sans dire, saranno le medesime anche nei pressi della statua della Madonna, collocata sulla vetta.

Dopo una breve sosta ripercorriamo il semplice crestone fino al Bivacco Camardella. Una struttura high-tech, collocata in una bellissima posizione ad oltre 3300 metri, dominante su tutto il bacino del Rutor e con una vista privilegiata sul versante italiano del Monte Bianco (ci teniamo a precisare, a scanso di equivoci, che in occasione della nostra salita, bianche erano solo le nuvole, dello stesso colore anche se vista attraverso la vetrata del bivacco😊).

La giornata nuvolosa e ventosa ha avuto però il pregio di conservare il manto nevoso del ghiacciaio in condizioni buone, tali da permettere un’agevole discesa sino alle prime rocce montonate.

Ripreso il sentiero e riattraversate i due tratti attrezzati, le nuvole hanno iniziato a lasciar spazio al cielo azzurro ed al sole, che ci ha accompagnato da quel momento sino alla macchina, raggiunta qualche ora e chilometro dopo. In mezzo, una meritata sosta al rifugio ed un sempre gradito piatto di pasta al sugo.

A presto Valle d’Aosta!

Alphubel (cantone Vallese) …secondo tentativo

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Siamo giunti all’inizio della stagione estiva così decidiamo di sfruttare le nevicate abbondanti dei mesi scorsi che hanno reso i ghiacciai “sicuri” e di salire in cima all’Alphubel, bella montagna del Cantone vallese in Svizzera alta 4206 m.

Ad inizio Giugno avevamo già provato a salirci ma, non volendo percorre i primi 1100 metri di dislivello che dividono Sass Fee dal punto di partenza della salita, volevamo utilizzare la comoda funivia: purtroppo fino alle 9.00 del mattino non funzionava e con le alte temperature del periodo abbiamo dovuto rinunciare, per evitare di trovare il percorso sul ghiacciaio in cattive condizioni.

Così siamo tornati il 18 Giugno con la nostra fidata tenda per poter bivaccare ai piedi del ghiacciaio Feegletscher. Dopo un paio d’ore di pioggia, il cielo torna abbastanza sereno, qualche foto e poi a dormire, pronti per salire la mattina seguente alla cima del Alphubel a 4206 m.

Sveglia alle 3.30, smontaggio tenda, chiusura sacchi a pelo e alle 4.30 siamo in cammino.
Saliamo passando quasi a ridosso della parete rocciosa dove non vi sono crepacci aperti, è tutto “tappato”, per poi spostarci verso valle per evitare due piccole slavine scese nei giorni scorsi; il rigelo notturno ha reso abbastanza portante il manto nevoso anche se decidiamo di progredire con le nostre ciaspole: i ramponi per ora li lasciamo nello zaino.
Decidiamo di percorrere la “vecchia via”, un po’ più ripida ma certamente più veloce.

Passiamo sotto la zona dei seracchi, da fare il più velocemente possibile: ormai siamo a 3700 m ci rimangono solo 500 metri per raggiungere la cima.
Arriviamo infine al vastissimo pendio nevoso dove la pendenza diminuisce: ora dobbiamo affrontare l’ultimo tratto che si presenta decisamente più ripido e soprattutto con il manto nevoso molto molle. Le ciaspole non tengono più: ci dobbiamo mettere i ramponi che, pur sprofondando, ci danno maggior sicurezza.

Ci siamo: siamo arrivati sul grande pianoro sommitale: la croce di vetta non è lontana anche se, purtroppo, in pochissimi istanti il cielo azzurro scompare e le nuvole avvolgono tutto! Il sospirato panorama non c’è; non importa siamo in vetta a 4206 m.

In discesa non ci rimane che seguire a ritroso la nostra traccia già percorsa in salita. Prevedere circa 3 ore per raggiungere la Langflue. Lo zero termico è alto conviene scendere velocemente e cercare di scivolare il meno possibile: ci rimettiamo le ciaspole per cercare di non sprofondare ma la neve già a 3800 m è molle e ci rallenta…non importa l’ultima funivia è alle 16.00 e noi siamo in ampio vantaggio.

Arriviamo a Langflue e recuperiamo la nostra attrezzatura da bivacco…un buon rostii e una birra al ristorante della funivia e poi giù a Sass Fee, anche perché si rimette a piovere e giunti al parcheggio dove abbiamo lasciato al macchina ci aspetta un viaggio di altre 3 ore con i numerosi cantieri fino al Passo del Sempione e poi nel tratto Domodossola Milano.

Sulle creste di Rocca Sella

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Dopo le nostre esplorazioni di gran parte dell’Alta Val di Susa abbiamo allargato le nostre avventure alla bassa valle andando alla scoperta di Rocca Sella.

Lasciata l’auto a Combe, frazione del più grande comune di Caprie, inizia l’avvicinamento.

Imbocchiamo vicino al parcheggio il sentiero “canalone” che seguiamo fino a quota 1300m; qui, una volta raggiunto il ghiaione, attaccano le creste.

Per goderci a pieno questo ambiente decidiamo di percorrere per prima la via Alotto dividendoci, per poterci allenare, in due cordate ognuna dotata di 30m di corda, friends, fettucce e tutto il necessario per legarsi in sosta.

Il primo tiro presenta diverse varianti: noi decidiamo di seguire una serie di salti appoggiati in cima ai quali attacca una paretina che attrezziamo con dei friends per stare più in sicurezza fino alla prima sosta al chiodo colorato in rosso (II). Da qui camminiamo qualche metro lungo una cengia fino a una freccia e alcuni bolli sulla parete che portano a un passaggio più tecnico (IV) che superiamo spingendo e affidandoci agli appoggi. Diminuisce poi la difficoltà per un primo tratto tra massi ed erba fino a raggiungere l’ultima crestina più aerea e panoramica di questa via.

A questo punto il percorso non è obbligato, decidiamo quindi di proseguire il nostro itinerario attraversando il canale che divide le vie spostandoci verso la cresta Accademica. Dopo un tratto camminato raggiungiamo il primo tiro su uno dei torrioni (III/III+) dove saliamo tirando un po’ le prese.

Da qui proseguendo lungo una cengia raggiungiamo e scaliamo un camino (II+) da cui, appena usciti, vediamo la cappella posta in cima; un breve tratto sul sentiero canalone che porta a scendere lungo una placca. Continuiamo in conserva sulle ultime roccette presenti (II) fino ad arrivare in vetta.

Dopo esserci goduti il panorama del tramonto sul Monviso, imbocchiamo per la discesa uno dei sentieri ben segnati da tacche e cartelli nel bosco e in 45 minuti siamo di nuovo alla macchina al termine di una giornata fantastica!