Cresta Perotti – Punta Venezia

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Il caldo che sta caratterizzando questa estate 2024 e che in pianura soffoca tutto e tutti, ci sta sempre più invogliando a frequentare la nostra amata montagna…come se ce ne fosse bisogno…
La scusa è ottima per spostarci da una valle alpina all’altra: questa volta decidiamo di tornare a Pian del Re, zona Monviso, per esercitarci su una via abbastanza semplice, che a parere di molti, è molto divertente e ben spittata: la Cresta Perotti (che ci permetterà di raggiungere la cima di Punta Venezia a 3095 m)

Quest’ultima, vista dal rifugio Giacoletti è ben riconoscibile per la presenza di due gendarmi conosciuti come “Torri Bifide” e, leggendo qualche commento, dovrebbe permetterci, nuvole a parte, di vedere scorci sul vallone delle Traversette e sul mitico Monviso.

Parcheggiamo a Pian del Re e, su buon sentiero, raggiungiamo nel tardo pomeriggio il Rifugio Giacoletti: il rifugio non è grandissimo, si dorme in un unico grande dormitorio e i gestori sono molto gentili;

Essendo l’attacco della via molto vicino al rifugio la sveglia è alle 6.30 (solitamente la sveglia per le nostre altre salite era alle 3.00…quindi anche le ore di sonno sono state apprezzate).
Caratteristica di questa zona è la presenza di numerosissimi stambecchi che, per nulla impauriti dalla nostra presenza, sostano nelle vicinanze del rifugio.

Fortunatamente le nubi che per tutto il tardo pomeriggio del primo giorno quando abbiamo raggiunto il rifugio si erano addensate impedendoci di gustarci il panorama, si sono diradate, anzi appena qualche passo e compare il sole!
Raggiungiamo l’attacco della via: imbrago, casco, qualche rinvio e si parte: gli spit ci indicano i passaggi migliori; l’arrampicata, come avevamo letto, è molto divertente, la roccia è buona e gli scarponi fanno bene il loro lavoro.
Scaliamo fino al colletto da dove si potrebbe deviane fino al piccolo bivacco sotto la cima e raggiungere la medesima sulla “normale”: no, saliamo per il nostro percorso.

Vediamo la croce di vetta, mancano 40 metri…ripartiamo, qualche friend, un tiro ed usciamo proprio sulla cima: spettacolo! Le nuvole non ci sono, panorama a 360 gradi.

Scendiamo al bivacco per mangiucchiare qualcosa e per toglierci il materiale da arrampicata: la discesa la effettueremo sulla via normale che dovrebbe essere un sentiero.
Raggiungiamo il colletto che si trova a monte del Coulour del Porco dove si potrebbe salire anche Punta Udine: decidiamo che per oggi va bene così e tramite una bella ferrata torniamo al rifugio Giacoletti.
Gli stambecchi sono ricomparsi: ci sono anche i piccoli ed alcuni esemplari con enormi corna.

Un buon piatto di pasta, che i gestori gentilmente ci hanno cucinato anche se era pomeriggio, e via…dobbiamo scendere al parcheggio a Pian del Re e poi abbiamo un bel pezzettino di strada con l’auto.
Due giorni molto belli, in ottima compagnia, grandi emozioni e…alla prossima.

Testa del Rutor – Bianco in vista

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Da grandi frequentatori delle valli Torinesi, non abbiamo mai esplorato le tante possibilità offerte dalla Val d’Aosta. Le nostre puntate in questa regione si sono sempre limitate alle numerose e blasonate cime oltre i 4000 metri: Gran Paradiso, Monte Rosa, Breithorn e così a seguire.

Per varcare queste personalissime “colonne d’Ercole” ed iniziare la nostra conoscenza delle valli valdostane, abbiamo comunque optato per una montagna piuttosto conosciuta, tra le salite più note dello sci-alpinismo locale, la Testa del Rutor.

Durante la stagione estiva, esistono due itinerari alternativi per coloro che intendono raggiungerne la sommità, quello che transita dal Rifugio degli Angeli partendo dalla Valgrisanche e quello che, facendo tappa al Rifugio Deffeyes, percorre il versante Nord-Ovest della montagna, con punto di partenza La Joux, una frazione di La Thuile.

Optiamo per la seconda opzione, un itinerario più lungo, ma anche più selvaggio ed alpinistico, come piace a noi.

Prenotato il rifugio, raggiungiamo l’abitato di La Thuile in una calda mattinata di fine luglio. Ci accoglie la prima sorpresa della nostra due-giorni valdostana: tante, tantissime persone, più di quelle che potremmo trovare in un intero mese nelle “nostre” valli torinesi. Stiamo (forse) esagerando, in ogni caso le tante macchine rendono difficoltoso il parcheggio, ma spostando qualche pietra riusciamo a piazzare il nostro mezzo in una piazzola consona.

Un sentiero di formato autostradale ci conduce lungo una piacevole vallata, resa famosa dalle Cascate del Rutor, tre spettacolari salti d’acqua che si incontrano in serie durante la salita. Il percorso verso il rifugio Deffeyes è piuttosto diretto, una sola zona pianeggiante spezza il ritmo della salita, resa faticosa dal peso degli zaini e dal caldo sole. Il colpo d’occhio verso il Massiccio del Monte Bianco, che progressivamente emerge alle spalle dell’abitato di La Thuile, rende l’itinerario ancora migliore.

L’accoglienza al rifugio è molto buona, così come la cena. Tramonto con vista Monte Bianco da una parte e Testa del Rutor dall’altra prima di andare a dormine.

Sveglia puntata poco prima delle 4, abbastanza presto se si guardasse al solo dislivello che separa il rifugio dalla massima sommità della Testa del Rutor, ma necessario per il notevole sviluppo della gita.

Durante la colazione il ticchettio di alcune gocce d’acqua su una lamiera fuori dal rifugio ci fanno pensare di ritardare la partenza, ma, appena mettiamo la testa fuori, le nuvole si aprono, facendoci vedere qualche stella. Partiamo.

La giornata si rivelerà nuvolosa fino alla tarda mattinata, ma per ora, complice il buio più totale, l’unica cosa che ci mostrano le luci delle nostre frontali è il buon sentiero che parte, in discesa, proprio di fronte al rifugio.

Risalendo la vallata, i prati lasciano spazio ad ampie pietraie e qualche balza rocciosa. Il percorso rimane sempre sulla destra orografica del ghiacciaio, collocato qualche centinaio di metri sotto di noi. Due tratti attrezzati con catene permettono di superare una zona più ripida e franosa, prima di raggiungere un piccolo pianoro a quota 2850, dove si lascia la traccia di sentiero che prosegue verso il Passo di Planaval.

Alle prime luci dell’alba raggiungiamo le ultimi propaggini del ghiacciaio, dove indossiamo ramponi ed imbrago, legandoci in cordata. Oramai ci è chiaro che le compagne di salita saranno le nuvole, numerose e piuttosto basse sul ghiacciaio.

In assenza di tracce precedenti, saliamo lungo il Ghiacciaio del Rutor dove ci sembra più logico, la pendenza non è quasi mai sostenuta e questo permette di scegliere piuttosto comodamente il percorso. L’unico motivo di attenzione è la presenza di alcuni crepacci nella parte mediana del ghiacciaio.

Oramai in prossimità della dorsale rocciosa al termine della neve, individuiamo tra le nuvole il nuovo Bivacco Edoardo Camardella, collocato nell’estate 2022 proprio nei pressi del Colle del Rutor.

Usciamo sul crestone finale in prossimità del vecchio ricovero Defey, dove ci accoglie un forte vento e qualche fiocco di neve. Nonostante la giornata poco favorevole, incontriamo anche due persone, in salita dal Rifugio degli Angeli. Le condizioni, ça va sans dire, saranno le medesime anche nei pressi della statua della Madonna, collocata sulla vetta.

Dopo una breve sosta ripercorriamo il semplice crestone fino al Bivacco Camardella. Una struttura high-tech, collocata in una bellissima posizione ad oltre 3300 metri, dominante su tutto il bacino del Rutor e con una vista privilegiata sul versante italiano del Monte Bianco (ci teniamo a precisare, a scanso di equivoci, che in occasione della nostra salita, bianche erano solo le nuvole, dello stesso colore anche se vista attraverso la vetrata del bivacco😊).

La giornata nuvolosa e ventosa ha avuto però il pregio di conservare il manto nevoso del ghiacciaio in condizioni buone, tali da permettere un’agevole discesa sino alle prime rocce montonate.

Ripreso il sentiero e riattraversate i due tratti attrezzati, le nuvole hanno iniziato a lasciar spazio al cielo azzurro ed al sole, che ci ha accompagnato da quel momento sino alla macchina, raggiunta qualche ora e chilometro dopo. In mezzo, una meritata sosta al rifugio ed un sempre gradito piatto di pasta al sugo.

A presto Valle d’Aosta!

Alphubel (cantone Vallese) …secondo tentativo

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Siamo giunti all’inizio della stagione estiva così decidiamo di sfruttare le nevicate abbondanti dei mesi scorsi che hanno reso i ghiacciai “sicuri” e di salire in cima all’Alphubel, bella montagna del Cantone vallese in Svizzera alta 4206 m.

Ad inizio Giugno avevamo già provato a salirci ma, non volendo percorre i primi 1100 metri di dislivello che dividono Sass Fee dal punto di partenza della salita, volevamo utilizzare la comoda funivia: purtroppo fino alle 9.00 del mattino non funzionava e con le alte temperature del periodo abbiamo dovuto rinunciare, per evitare di trovare il percorso sul ghiacciaio in cattive condizioni.

Così siamo tornati il 18 Giugno con la nostra fidata tenda per poter bivaccare ai piedi del ghiacciaio Feegletscher. Dopo un paio d’ore di pioggia, il cielo torna abbastanza sereno, qualche foto e poi a dormire, pronti per salire la mattina seguente alla cima del Alphubel a 4206 m.

Sveglia alle 3.30, smontaggio tenda, chiusura sacchi a pelo e alle 4.30 siamo in cammino.
Saliamo passando quasi a ridosso della parete rocciosa dove non vi sono crepacci aperti, è tutto “tappato”, per poi spostarci verso valle per evitare due piccole slavine scese nei giorni scorsi; il rigelo notturno ha reso abbastanza portante il manto nevoso anche se decidiamo di progredire con le nostre ciaspole: i ramponi per ora li lasciamo nello zaino.
Decidiamo di percorrere la “vecchia via”, un po’ più ripida ma certamente più veloce.

Passiamo sotto la zona dei seracchi, da fare il più velocemente possibile: ormai siamo a 3700 m ci rimangono solo 500 metri per raggiungere la cima.
Arriviamo infine al vastissimo pendio nevoso dove la pendenza diminuisce: ora dobbiamo affrontare l’ultimo tratto che si presenta decisamente più ripido e soprattutto con il manto nevoso molto molle. Le ciaspole non tengono più: ci dobbiamo mettere i ramponi che, pur sprofondando, ci danno maggior sicurezza.

Ci siamo: siamo arrivati sul grande pianoro sommitale: la croce di vetta non è lontana anche se, purtroppo, in pochissimi istanti il cielo azzurro scompare e le nuvole avvolgono tutto! Il sospirato panorama non c’è; non importa siamo in vetta a 4206 m.

In discesa non ci rimane che seguire a ritroso la nostra traccia già percorsa in salita. Prevedere circa 3 ore per raggiungere la Langflue. Lo zero termico è alto conviene scendere velocemente e cercare di scivolare il meno possibile: ci rimettiamo le ciaspole per cercare di non sprofondare ma la neve già a 3800 m è molle e ci rallenta…non importa l’ultima funivia è alle 16.00 e noi siamo in ampio vantaggio.

Arriviamo a Langflue e recuperiamo la nostra attrezzatura da bivacco…un buon rostii e una birra al ristorante della funivia e poi giù a Sass Fee, anche perché si rimette a piovere e giunti al parcheggio dove abbiamo lasciato al macchina ci aspetta un viaggio di altre 3 ore con i numerosi cantieri fino al Passo del Sempione e poi nel tratto Domodossola Milano.